RACCONTA L’OPERA “TRISTAN UND ISOLDE”

RACCONTA L’OPERA “TRISTAN UND ISOLDE”

 Lunedi’ 3 aprile 2017 alle ore 17.30 L’incontro, col supporto di esempi musicali e video, sarà curato da due ospiti d'eccezione,  Alessandro Cammarano, musicologo e Pier Paolo Bisleri, scenografo.

 

Lunedi’ 3 aprile 2017 alle ore 17.30, nell’ambito dei “Lunedi’ dello Schmidl”, il Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, in collaborazione con l’Associazione Triestina Amici della Lirica “Giulio Viozzi” e la Fondazione Teatro Lirico “G. Verdi”, invita a “RACCONTA L’OPERA”, nuovo appuntamento del ciclo di guide all’ascolto, dedicato a “Tristan und Isolde” di Richard Wagner

L’opera, nella produzione firmata da Guglielmo Ferro, sarà in scena dal 7 al 15 aprile al Teatro Lirico G. Verdi di Trieste sotto la direzione del Maestro Christopher Franklin. L’incontro, col supporto di esempi musicali e video, sarà curato da due ospiti d'eccezione, da Vicenza Alessandro Cammarano, musicologo e tra i fondatori di Opera Click, che accanto all'attività di critico e consulente affianca l'impegno nella divulgazione musicale, e da Bari Pier Paolo Bisleri, che ha firmato la scenografia di questo nuovo “Tristano e Isotta” per il Teatro Verdi. Bisleri è tra i più apprezzati scenografi italiani, dopo aver lavorato per anni a Trieste è ora Direttore degli Allestimenti Scenici del Teatro Petruzzelli di Bari.

Il dramma musicale “Tristan und Isolde”, su libretto e musica di Richard Wagner, costituisce il capolavoro del Romanticismo tedesco e, nel contempo, viene considerato uno dei pilastri della musica moderna. In quest'opera la morte dei due amanti non è la luttuosa fatalità che in molte opere romantiche interviene più o meno accidentalmente come unica possibile via d’uscita da una situazione senza rimedio, quanto piuttosto il necessario compimento dell’amore. Tra i momenti di maggiore intensità musicale della partitura brillano il Preludio all’atto primo, il grande duetto d’amore nell’atto secondo e il Liebestod di Isotta nell’atto terzo.

La trama, basata sul poema “Tristan” di Gottfried von Strassburg che, a sua volta, trasse ispirazione dalla “Storia di Tristano” raccontata in lingua francese da Tommaso di Bretagna nel XII secolo, è condensata in tre atti ed è carica di allusioni filosofiche di stampo schopenaueriano. La prima rappresentazione si ebbe al Teatro Nazionale di Monaco il 10 giugno 1865 mentre la prima italiana andò in scena al Teatro Comunale di Bologna il 2 giugno 1888, nella traduzione di Arrigo Boito e la direzione di Giuseppe Martucci. Per la stesura dell’opera, cruciale fu l’amore tra Wagner e Mathilde Wesendonk, moglie di un amico, sentimento nato durante il soggiorno di Zurigo (dove il compositore era fuggito per motivi politici, ma anche per debiti), che finì in uno scandalo tale da costringerlo a trovare rifugio a Venezia. Qui le atmosfere notturne della città lagunare ispirarono a Wagner il secondo atto e il preludio del terzo. Musicalmente quest'”opera d'arte totale” è un’anticipazione del futuro, nell’uso ossessivo del cromatismo e della tecnica della sospensione armonica. Le estenuanti cadenze del preludio non trovano risoluzione che alla fine del dramma, che si chiude col canto di morte di Isolde. La critica dell’epoca si divise tra coloro che videro in quest’opera un capolavoro assoluto e quelli che la considerarono una composizione incomprensibile. Lo stesso Wagner, in una lettera a Mathilde Wesendonk, definì il proprio lavoro “qualcosa di terribile, capace di rendere pazzi gli ascoltatori” ma, nello stesso tempo, l’opera è anche sublime espressione di anelito all’amore con la A maiuscola, come egli stesso ebbe a scrivere al futuro suocero Franz Liszt “Non avendo mai goduto nella vita la vera e genuina gioia d’amore, voglio innalzare al più bello dei sogni un monumento, in cui dal principio alla fine questo amore sia appagato davvero e interamente. Con la vela nera che sventola alla fine voglio poi avvolgermi e morire”.

Ingresso fino a esaurimento posti.

Patrizia Ferialdi

22 marzo 2017

Per “Associazione Triestina Amici della Lirica Giulio Viozzi”

 

 

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